mercoledì 4 novembre 2015

Come sommare quadrati, rettangoli, nuvole e cantanti.

Qualche giorno fa, durante l'ora di ricreazione, il mio amico e collega Franco mi ha proposto una delle sue diaboliche questioni. Partendo dall'idea di base che si possono sommare non solo numeri ma anche altre entità, come i segmenti o i vettori, Franco si chiedeva quale fosse una buona definizione di addizione di quadrati, di rettangoli e di poligoni in generale. In particolare, il suo dubbio era se nella somma di due quadrati sia più conveniente conservare l'area o il perimetro, cioè se il risultato dell'operazione, che ci si auspica sia ancora un quadrato, debba avere l'area equivalente alla somma delle aree dei quadrati addendi oppure il perimetro uguale alla somma dei loro perimetri. Non c'è stato il tempo per approfondire la cosa perché la famigerata campanella ci ha richiamato alle nostre rispettive classi, ma il problema sollevato dal mio amico ha accompagnato i miei pensieri nei giorni seguenti conducendomi alle riflessioni che esporrò in questo post.




Prima di tutto, voglio ribadire questo concetto: tutto si può sommare, anche le sedie, le nuvole e i libri. Non nel senso banale per cui una sedia più due sedie dà tre sedie (questa è una somma tra numeri!) ma nel senso che una sedia più un'altra sedia potrebbero dare ancora una sedia (o un tavolo? o un divano?), magari più grande, o più nuova o più solida. Dipende da come definiamo la “somma tra sedie”. Chi studia un po' di matematica, infatti, prima o poi fa una interessantissima scoperta: certe regole che sembrano inattaccabili dogmi propinatici da chissà quale potenza universale tali non sono; ma sono spesso delle invenzioni arbitrarie fatte per comodità da qualche furbo scienziato. Le quattro comuni operazioni aritmetiche, per esempio, non hanno niente di assoluto. Il fatto che 4+5 dia 9 non è una verità che piove dall'alto ma è la conseguenza del particolare significato che è stato dato dai matematici, e gentilmente accolto e fatto proprio dal resto dell'umanità, al simbolo “+” quando è usato in mezzo a due numeri (tale significato fa riferimento alla cardinalità dell'unione di due insiemi disgiunti, ma, in questo frangente non è il caso di preoccuparsene). Se volete potete inventarvi la vostra operazione aritmetica personale creando una regola nuova. Se lo fate è consigliabile usare anche un simbolo e un nome nuovi per non entrare in conflitto con operazioni già esistenti creando non pochi problemi all'umanità (nel caso che decidesse graziosamente di accogliere e fare propria la vostra nuova operazione). Potreste, che so, decidere che il simbolo “#” tra due numeri dà come risultato il triplo del primo numero meno il doppio del secondo, quindi 5#7 sarebbe uguale a 1. Oppure potreste attribuire al segno “¥” il seguente significato: se il numero alla sua sinistra è maggiore di quello alla sua destra il risultato è 71 altrimenti il risultato è ciò che si ottiene attaccando il primo numero alla fine del secondo. Per cui 83¥54=71 e 14¥32=3214 (e 1¥7=71 !).
Bello ma un po' inutile. A volte però (e la cosa diventa più interessante) si può e si deve inventare una operazione che ha lo stesso simbolo e lo stesso nome di una che esiste già. Succede quando si estende l'insieme dei numeri nel quale quell'operazione agisce. Per esempio, la prima volta che si incontrano i numeri interi (quelli senza virgola ma che hanno davanti il segno più o meno) si rende necessario generalizzare la definizione di moltiplicazione. Nel farlo bisogna fare in modo che la nuova definizione sia compatibile con la vecchia quando si agisce su numeri dell'insieme originale, altrimenti non sarebbe una generalizzazione. Siccome, quando si introducono i numeri interi si chiarisce subito che i numeri positivi altro non sono che i cari vecchi numeri naturali (per i quali infatti il segno più può essere sottinteso), quando si moltiplicano due numeri positivi si deve ottenere, per coerenza, un numero positivo. E quando si moltiplicano due numeri con segni opposti o entrambi negativi? A molte persone non piace il fatto che il prodotto di due numeri negativi sia un numero positivo; sostengono che meno per meno dovrebbe rafforzare la “negatività” del risultato. L'oscura ragione per cui “meno per meno dà più” è che in questo modo viene mantenuta la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto alla somma. Pensate, infatti, a cosa succederebbe a -3 moltiplicato per (+2-2) se il prodotto di numeri negativi desse ancora un numero negativo: applicando la proprietà distributiva il risultato non sarebbe più zero! E se si cerca di risolvere le cose imponendo che “meno per più dia più” il pasticcio ce l'avremmo lo stesso, per esempio con +3 moltiplicato per (+2-2)...
Quindi, quando si inventa una nuova operazione si ha sì tutta la libertà che si vuole, ma se si intende fare qualcosa di utile, oltre che divertente, bisogna stare attenti alle conseguenze della nuova definizione. L'operazione, infatti avrà delle proprietà (per esempio quella commutativa) che potrebbero renderla del tutto insignificante oppure molto interessante e applicabile in qualche ambito pratico, magari potrebbe descrivere appropriatamente qualche fenomeno fisico, con la giusta sintesi ed efficacia.
Ogni tanto qualcuno tira fuori la vecchia storia che non è vero che uno più uno fa due, perché due nuvole che si uniscono formano ancora un'unica nuvola. E quindi, conclude simpaticamente, tutta la matematica è sbagliata! La verità è che la somma tra nuvole non è stata mai definita da nessuno, e non è sensato applicare un' operazione inventata per i numeri a cose che non sono numeri. Chi ne ha voglia può definire la somma di nuvole facendo in modo che i risultati descrivano al meglio il comportamento di queste entità e porre fine al noioso tormentone. Per ora non mi interessa sommare nuvole o sedie (anche se mi incuriosirebbe pensare alla somma di libri, di canzoni o di poesie); torniamo, semmai, alla più semplice e accessibile somma di rettangoli. A mio parere tale operazione dovrebbe rispecchiare l'unione di due rettangoli per formarne uno nuovo che occupi la stessa area (a proposito, un'operazione non deve essere per forza “interna”, per cui due rettangoli non devono dare per forza un rettangolo, due sedie possono dare una poltrona, e due bicchieri potrebbero generare una bottiglia; ma le operazioni interne sono più semplici ed eleganti e quindi consiglio di procedere in questa direzione). Vorrei, quindi, che che la mia operazione rispecchiasse quello che succede quando prendiamo due rettangolini di cartone e li tagliamo in pezzi in modo da formare, come in un puzzle, un nuovo rettangolo. Per questo voglio che la mia operazione conservi le aree e non i perimetri. Naturalmente ciò non basta a definire l'operazione, perché esistono infiniti rettangoli con la stessa area. Il secondo punto importante, allora, secondo me è questo: l'addizione deve conservare, per quanto possibile, la forma. Voglio dire che se si sommano due quadrati (caso particolare di rettangoli) si deve ottenere un quadrato. Se si sommano due rettangoli simili, cioè con lo stesso rapporto tra base e altezza, si deve ottenere un rettangolo simile ai due. Tra poco affronteremo il problema della somma di rettangoli non simili, ma per ora soffermiamoci un attimo sulle formule della somma tra rettangoli simili. Se indichiamo con b1 e h1 base e altezza del primo rettangolo e con b2 e h2 base e altezza del secondo rettangolo, i rapporti h1:b1 e h2:b2 saranno uguali tra loro e dovrà essere uguale ad essi il rapporto h:b del rettangolo somma. siccome abbiamo già deciso che tale rettangolo ha area uguale a (b1xh1+b2xh2) le formule per determinare b e h sono le seguenti:

Le due formule rispondono ai due requisiti richiesti: fanno sì che il prodotto bxh dia l'area voluta e che  il rapporto base:altezza sia uguale a quello del primo rettangolo (se ci si fosse riferiti al secondo rettangolo non sarebbe cambiato niente, visto che i due rettangoli sono simili). Notiamo che se i due rettangoli fossero in realtà quadrati, i rapporti base-altezza darebbero tutti 1, e le formule si semplificherebbero in:


dove, più appropriatamente, si sono indicati con L, L1 e L2 i lati dei quadrati. Se poi si sommano due quadrati uguali si ottiene che il lato finale L è uguale al lato iniziale L1 per radice di 2. E' abbastanza facile vedere che la somma di 3 quadrati ne genera uno il cui lato è uguale al lato iniziale per radice di 3 e, in generale, la somma di n quadrati uguali ne genera uno il cui lato è radice di n volte il lato iniziale. Vale la pena di formalizzare ciò dicendo che la moltiplicazione (somma ripetuta) di un quadrato per un numero equivale a moltiplicare il lato del quadrato per la radice di quel numero.
Sarebbe quasi ora di pensare alla moltiplicazione tra due quadrati, ma i rettangoli reclamano il loro spazio. Abbiamo lasciato aperto il problema riguardante i rettangoli non simili e ora lo dobbiamo risolvere. L'idea guida è la stessa: conservare la forma quanto si può. Ma se si sommano due oggetti con forme diverse? Facile, l'oggetto finale avrà una forma intermedia, a metà tra le due. Quindi un quadrato più un rettangolo molto stretto daranno come risultato un rettangolo meno stretto. Ecco le formule per stabilire la base e l'altezza del rettangolo risultante:









Naturalmente, le formule viste precedentemente, riguardanti i rettangoli simili e i quadrati, rientrano come casi particolari nelle ultime due.
Qualche esempio grafico per vedere cosa succede in pratica (i valori di base e altezza dei risultati sono approssimati alla prima cifra dopo la virgola):

b1=3 h1=1 ;  b2=2  h2 =3 ;  b=4,7  h=1,9                      









b1=4 h1=1 ;  b2=6  h2=2 ;  b=6,5  h=2,2                             










         b1=3 h1=3 ;  b2=3  h2=1 ;  b=4,2  h=2,8                                    














               b1=5 h1=5  ;  b2=3  h2=1  ;  b=6,1  h=4,6                            
















Come si può notare dagli ultimi due casi, un quadrato sommato ad un rettangolo cerca in qualche modo di “quadratizzarlo” e, come mi sembra lecito aspettarsi, più il quadrato è grande maggiore sarà l'effetto quadratizzante sul rettangolo risultante. Tutto bene, quindi, possiamo ritenerci soddisfatti? Assolutamente no! Guardate cosa succede se cambiamo la posizione di uno dei rettangoli:















In questi esempi, i due rettangoli da addizionare sono uguali e, come appare logico, la loro somma nel primo caso dà un rettangolo simile. Ma se uno di essi ruota di 90 gradi, invertendo la base con l'altezza, il risultato della somma è un quadrato, che -senza offesa- in questa circostanza non è molto gradito. Il problema, naturalmente, sussiste anche se i rettangoli iniziali non sono né uguali né simili: il risultato dipende dalla loro posizione. Questa ambiguità, legata ad un aspetto del tutto irrilevante dal punto di vista geometrico, infastidisce alquanto e rende la nuova operazione piuttosto limitata. Ma per fortuna il problema si risolve in fretta. Basta cambiare il significato dei simboli nelle formule già date: b e h (seguiti dagli eventuali indici) non indicheranno la base e l'altezza ma, più significativamente, rispettivamente il lato maggiore e il lato minore dei rettangoli. Tutto funziona di nuovo come ci aspettavamo: l'operazione ha sempre un risultato ed uno solo, a prescindere dalle posizioni dei rettangoli considerati; e gode anche della proprietà commutativa.
Possiamo pensare ora ad altre figure. Arrivare magari ad una definizione di somma di poligoni, anche con un diverso numero di lati. Oppure definire una moltiplicazione tra triangoli. O passare subito all'addizione di romanzi, poemi, canzoni... Ci sarà un arguto lettore, così gentile da inviarmi una operazione che possa sommare Guccini e De Gregori? Leopardi e Montale? L'ispettore Derrick e il tenente Colombo? E che, attenzione!, non faccia apparire quadrati laddove non erano stati né richiesti né invitati?

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